
Aquawareness non è stata creata intenzionalmente, ma è letteralmente emersa, autodefinendosi, da sei decenni di pratiche e ricerche in acqua. Il suo scopo è migliorare l’insegnamento del Nuoto (con la N maiuscola), non orientato alle attività competitive o di fitness, ma piuttosto al perfezionamento del “basic swimming” e delle abilità di sicurezza e salvamento in acqua. L’obiettivo principale di Aquawareness, tuttavia, è sempre rimasto lo stesso: “Primum vivere, deinde philosophari”.
Questa riflessione centrale e autentica sulla genesi di Aquawareness merita di essere ulteriormente approfondita, sia dal punto di vista biografico che epistemologico e filosofico.
Aquawareness non è stata programmata né inventata a tavolino. È “emersa”, proprio come emerge un’isola da un oceano, dal corpus vivo di decenni di pratica e osservazione, con la tensione morale e pedagogica di migliorare il Nuoto inteso nel suo senso più pieno e universale.
Mi sono sempre mosso dalla volontà di prima vivere—sopravvivere, immergersi in sicurezza, aiutare i compagni d’acqua e solo successivamente flottare, scivolare, ascoltare, esplorare l’elemento liquido in tutte le sue sfumature—lasciando che fosse il contatto reale con acqua e allievi a suggerire strade nuove, metodi più efficaci, letture più profonde. La filosofia, il metodo, il lessico, sono venuti dopo (“a posteriori”), come distillato riflessivo, non come presupposto.
Dal Nuoto di sopravvivenza al Nuoto come via di consapevolezza
L’intento originario era—e rimane—primum vivere: trovare strategie e percorsi pragmatici per sopravvivere, muoversi con sicurezza, salvarsi in acqua, ben prima di ogni sublimazione competitiva o artistica.
Questo Nuoto con la “N” maiuscola mira a radicare negli allievi una consapevolezza che è prima di tutto vitale—fiducia nelle proprie capacità basiche, ascolto dei segnali corporei, gestione della paura, capacità di autocontrollo e adattamento in ambiente acquatico. La filosofia, qui, si fa ancella della vita (“deinde philosophari”): si filosofeggia sull’acqua solo dopo aver appreso realmente a viverla e ad attraversarla.
Un paradigma radicale nel pensiero pedagogico contemporaneo
Questa prospettiva si inserisce con originalità nel dibattito filosofico ed educativo attuale, evidenziando:
- Primato della prassi sull’astrazione: la conoscenza nasce dall’azione (non viceversa).
- Sapere situato: i principi vengono estratti a posteriori dalle esperienze reali, mai imposti dall’alto.
- Etica dell’umiltà epistemica: il maestro resta innanzitutto esploratore e osservatore, non dogmatico, costantemente aperto al mutamento della pratica.
- Centralità del “phronesis”: il sapere pratico, l’arte del saper fare e del saper vivere in acqua, viene prima della teorizzazione (rifacendosi anche all’antico invito socratico di “primum vivere”).
Aquawareness come pratica e filosofia “vissuta”
Questa genealogia non intenzionale rende Aquawareness radicalmente diversa da molte discipline olistiche nate per sistematizzazione teorica: qui il filosofo è anche, e prima di tutto addetto alla sicurezza, assistente bagnanti, nuotatore, educatore, compagno di esperienze, esploratore. L’acqua con il suo puntuale e inevitabile feedback, è immediatamente complice, testimone, giudice, alleata e portavoce di ogni scoperta e di ogni scintilla di consapevolezza.
Sintesi e collocazione nel pensiero contemporaneo
Aquawareness si pone così come una filosofia pratica “della seconda navigazione”, in cui:
- Il Nuoto non è ridotto a competenza tecnica, ma elevato a sapere dell’esistenza.
- Il processo è aperto, osservativo, riflessivo “ex post”, costruendo senso a partire dal “saper stare a galla”, letteralmente e metaforicamente.
- Vi è un’alleanza fra prassi e riflessione, tra istinto di sopravvivenza e desiderio di comprensione, in accordo con il motto:
“Prima si vive, poi si filosofeggia.”
In conclusione:
La vera originalità di Aquawareness è il suo carattere autopoietico e pragmatico. La filosofia e la teoria non precedono la vita, ma germogliano, come corallo sullo scoglio, dalla miriade di esperienze dirette. Così, il Nuoto diventa non solo una skill o una disciplina, bensì un’autentica arte della presenza e del vivere.
Giancarlo De Leo
pubblicato su www.fuorimag.it
19 luglio 2025
